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La crescita di Satyananda Yoga o Bihar Yoga

La crescita di Satyananda Yoga o Bihar Yoga

Per capire la crescita e lo sviluppo della tradizione di Satyananda Yoga, conosciuta anche come tradizione Bihar Yoga, dobbiamo comprendere quali sono le componenti e che cosa la renda una scuola specializzata nell’intera tradizione dello yoga.

Cinquant’anni fa, il lato filosofico dello yoga era conosciuto da un numero ristretto di persone ma nessuno conosceva il lato pratico. Si credeva che lo yoga fosse per rinunciatari, sadhu e sannyasin che avevano rinunciato a tutto e avevano abbandonato la vita mondana per vivere in contemplazione, meditazione, riflessione, introversione e isolamento; quel modo di raggiungere la salvezza non poteva essere adottato da persone comuni inserite nella società in quanto, nella vita, avrebbero dovuto rinunciare alla maggior parte degli attaccamenti, desideri, ambizioni e sforzi. Lo Yoga era conosciuto solo come filosofia, come forma di disciplina che poteva essere utilizzata per rafforzare lo spirito, la mente, il corpo e la vita. Nel secolo scorso, il sapere teoretico fu diffuso al pubblico da Swami Vivekananda, Sri Aurobindo, Ramana Maharishi, Swami Kuvalyananda, Baba Ram Das, Swami Sivananda, Yogi Ramacharaka e altri.

Tutti questi maestri seguirono tradizioni e scuole di yoga già consolidate che si dividevano in scuola del Nord e scuola del Sud. La prima era quella insegnata e praticata dai rishi e muni della cintura del Gange, cintura del Narmada e Himalayana. La seconda, era relativa allo yoga praticato dai gruppi di sadhu, santi, rinunciatari e reclusi, mistici e siddha del Sud. Oggi, il maggiore esponente di questa scuola è T. Krishnamacharya, il maestro di Deshikachar e Iyengar. Così come gli hatha yogi, la scuola meridionale pensa che la perfezione ultima sia raggiungibile ottenendo una forma fisica perfetta

La scuola del Nord è più meditativa affondando le sue radici negli Yoga Sutra di Patanjali dove l’enfasi è sulla gestione della mente, del pensiero e la parte di hatha yoga viene menzionata di meno. All’interno di questa scuola, ci sono diversi paramapara, tradizioni e culture che riguardano l’hatha yoga, il kriya yoga, il kundalini yoga, ci sono raja yogi, jnana yogi e bhakti yogi. Tutti gli yogi hanno in comune una cosa: lo yoga, una pratica e una disciplina attraverso la quale è possibile rafforzare la propria natura per realizzare lo spirito umano e che permette di svegliare il potenziale latente in modo da diventare un essere umano perfetto e bilanciato in una o migliaia di espressioni che coinvolgono la vita.

Lo yoga ha due origini, una proviene dal Tantra e una dai Veda. Il Tantra ha sviluppato una filosofia e una serie di pratiche che nella tradizione sono conosciute come yogachara, condotta per gente che pratica il tantra attraverso lo yoga. I Veda, invece, attingono alle Upanishad. Ognuna di esse rappresenta una linea di apprendimento, una tradizione, un parampara. Lo yoga diventa il processo che porta al superamento di corpo e mente e all’esperienza dello spirito.

Solo negli ultimi cinquant’anni i sadhu più visionari hanno capito che lo yoga sarebbe diventato un bisogno per la società del futuro. Nella scuola del Nord, il precursore di questa visione fu il nostro paraguru, Swami Sivananda che diede allo yoga una svolta dinamica, attingendo dalla filosofia per mettere poi il tutto in pratica. Il Dashnami sannyasa parampara al quale apparteniamo segue una tradizione vedica non yogica e all’inizio degli anni quaranta iniziò ad istruire i sannyasin con un sistema pratico comprendente hatha yoga, raja yoga, bhakti yoga, jnana yoga, kriya yoga, kundalini yoga, mantra yoga e ogni altro yoga estratto dalle scritture. Swami Sivananda diede la possibilità di comprendere lo yoga a tutti, non solo a sannyasin e yogi ma anche a gente comune.

I suoi insegnamenti erano così ispiratori che molti sannyasin provenienti dal suo ashram ricevettero il mandato di propagare lo yoga enfatizzandone un aspetto particolare. Swami Satchidananda che negli USA fondò il Movimento di Yoga Integrale, si concentrò sulle componenti dell’hatha yoga, jnana yoga e bhakti yoga. Swami Vishnudevananda, il cui centro principale si formò in Canada, si focalizzò nello stabilire e fondare molti Centri Vedanta Sivananda per l’insegnamento dell’hatha yoga. Swami Venkateshananda insegnò raja yoga nell’isola di Mauritius.

Il nostro guru, Swami Satyananda il cui mandato comprendeva anche di insegnare yoga come parte del suo sadhana, enfatizzò lo yoga integrale e altre componenti provenienti dagli altri yoga ma con maggiore enfasi si dedicò allo yoga tantrico.

Il sistema di yoga tantrico comprende le pratiche di kundalini yoga, kriya yoga, mantra yoga, laya yoga e stadi avanzati di pratyahara e dharana, dhyana e samadhi. Dal lato vedico, Sri Swamiji prese elementi di bhakti yoga, karma yoga, jnana yoga ,il concetto dei chakra e sviluppò un sistema di meditazione basandosi sul Tantra e sui Veda (vedi libro Meditations from the tantras – 1974). I primi insegnamenti furono pubblicati nel 1971 in un libro chiamato Tantra Yoga Panorama dove Sri Swamiji esponeva i concetti del tantra applicabili ai bisogni della società moderna.

Swami Satyananda ispirò la gente a fare i conti con se stessa attraverso un atteggiamento corretto e discriminatorio, attraverso azioni e parole che avrebbero portato ad una trasformazione della personalità umana. La fondazione della Bihar School of Yoga da parte di Sri Swamiji fu il coronamento di un desiderio di Swami Sivananda, quello di sviluppare un percorso yogico integrato. Sri Swamiji fu un pioniere nel portare lo yoga ad un pubblico ampio e nel rompere vecchi miti, fuori dall’India il Bihar Yoga è conosciuto come la tradizione di Satyananda Yoga.

Il metodo di insegnamento di Sri Swamiji

Quando Sri Swamiji lasciò Rishikesh nel 1956 con il mandato e la benedizione del suo guru Swami Sivananda, iniziò a viaggiare per tutta l’India con l’obiettivo di comprendere i bisogni della società. Viaggiò dall’Afghanistan allo Sri Lanka, dal Pakistan a Burma, cercando di verificare cosa avesse bisogno la società. Sri Swamiji capì che la tradizione vedantica, come filosofia, non sarebbe stata in grado di aiutare la società in quanto aveva bisogno di fondamenti pratici rintracciabili nel tantrismo espresso attraverso lo yoga. Sri Swamiji riuscì a valutare il fatto che lo yoga sarebbe diventato un grande bisogno per la gente, non come mezzo di salvezza ma come possibilità per ottenere sollievo immediato per qualsiasi sbilanciamento psicosomatico che avrebbe aggravato la salute fisica, mentale, emotiva, morale e spirituale.

Sri Swamiji individuò due approcci per ottenere benessere in un modo positivo, per sviluppare un carattere integrato, aperto e bilanciato e per incoraggiare la gente a guardare in faccia la vita. Il primo approccio è quello di capire la natura umana, la mente, la psiche e lo spirito attraverso le pratiche del raja yoga; superare gli ostacoli immediati come la frustrazione e l’ego e sviluppare azioni omogenee e armoniose attraverso il karma yoga; canalizzare le emozioni con il bhakti yoga; essere capaci di guardare dentro e fuori con pace mentale con lo jnana yoga; andare a fondo nel sadhana con il kriya yoga, il kundalini yoga, il nada yoga, lo swara yoga, il mantra yoga e tutte le altre forme di yoga conosciute.

Per Sri Swamiji, questo approccio fondamentale andava arricchito con lo stile di vita, la capacità di guardare la vita con occhi diversi, di vedere il dolore e la sofferenza come indicatori dello sforzo umano legato al proprio karma. L’insegnamento e l’istruzione dello stile di vita prese anche altre forme con l’incoraggiamento di incorporare lo yoga nella vita quotidiana e non solo relegarlo ad espediente per trovare sollievo in una situazione stressante. In questo modo, proponeva uno stile di vita alternativo rinfrescando la tradizione dei sannyasin, enfatizzando il diritto spirituale di ogni individuo di diventare appunto sannyasin in questa vita. Con questo, Sri Swamiji portò molte persone ad integrare lo yoga nel proprio quotidiano, fornì a molti un aiuto concreto insegnando lo yoga come terapia e come mezzo per raggiungere la pace interiore nel rispetto della diversità di ogni essere umano. La sua idea era che lo yoga potesse essere applicato a chiunque.

Nella sua prima conferenza che si tenne a Munger nel 1964, Sri Swamiji disse: “Munger diventerà il centro dello yoga per il mondo intero e troverà così un posto sulla mappa del mondo” Molte persone si chiesero se stesse dicendo la cosa giusta e oggi hanno avuto risposta.

Sri Swamiji aveva un metodo particolare per insegnare alla gente di paesi diversi, di razze diverse e di credi diversi. Fu il primo insegnante di yoga indiano che andò in Occidente per proporre lo yoga in un modo molto specifico. Nel 1968 Sri Swamiji iniziò il suo primo tour mondiale. Per sei mesi lasciò Munger e piantò i semi dello yoga al di fuori dell’India. Non solo parlò della teoria dello yoga con termini pratici e scientifici rendendola comprensibile a tutti ma diede un insieme di pratiche yogiche in modo che la gente potesse farne esperienza. Nei tour successivi rese disponibili altre pratiche e principi in modo da ampliare la conoscenza dello yoga in relazione al corpo umano, alla mente, alla psicologia, alla personalità e al miglioramento delle qualità umane.

Il piano che Sri Swamiji attuò fu quello di insegnare yoga in ogni viaggio, asana, pranayama, mudra, bhanda, shatkarma, teniche di prathyara, di kundalini yoga, tecniche relative ai chakra , di scardinare i preconcetti che la gente aveva sullo yoga e, allo stesso tempo, incoraggiandoli e dando speranza. Prima di lui, nessuno aveva mai insegnato pranayama in quanto considerato materia tabù sia in Europa che in India.

I suoi insegnamenti ci hanno fornito di una materia molto vasta senza che fosse vista come impossibile da affrontare ma, se ci pensiamo bene, è più che sufficiente per un’intera vita. Io attribuisco allo sforzo di Sri Swamiji il fatto che a tutto il mondo sia stata fornita la possibilità di approfondire la conoscenza dello yoga. Il suo stile unico trattava lo yoga sotto ogni aspetto, fisiologico, psicologico e spirituale. Sri Swamiji vedeva la persona non come corpo ma composta dalle qualità di testa, cuore e mano, intelletto, emozione ed azione e cercava quindi di accedere a tutte le tre dimensioni. Chi ha ricevuto questo training è stato molto fortunato. Oggi, noi riconosciamo che fra tutte le tradizioni di yoga, il Satyananda/Bihar Yoga è l’unico che integra le dimensioni fisiche, psicologiche e spirituali in ogni pratica.

di Swami Niranjanananda Saraswati: pubblicato su Yogamag numero di gennaio 2000

 

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